Memorie-2018

 

 

Descrizione: Descrizione: Descrizione: Descrizione: carta TERZA ROMA

DA ROMA ALLA TERZA ROMA

XXXV SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI

Campidoglio, 21-22 aprile 2015

 

 

Silvia Toscano

“Sapienza” Università di Roma

 

SANTO STEFANO DI PERM’: CRISTIANESIMO E POPOLI PAGANI

 

 

Alla fine del XIV secolo si assiste nelle terre russe ad una rinascita del monachesimo sotto molteplici aspetti, contemporaneamente al consolidarsi della potenza moscovita e al primo tentativo riuscito – simbolicamente molto significativo – di liberazione dall’Orda tatara con Dmitrij Donskoj a Kulikovo nel 1380.

San Sergio di Radonež (Sv. Sergij Rodonežskij 1314-1392), fondatore della Lavra della Trinità, è il principale artefice del rinnovamento monastico, con la creazione di una decina di monasteri e della Regola loro destinata; a lui è profondamente legato il discepolo Epifanio il Saggio (Sv. Epifanij Premudryj 1331?-1420 ca), noto monaco-agiografo, autore oltre che della Vita del grande Sergio, di un'altra celebre agiografia[1], notevole per qualità letteraria e innovazioni stilistiche, quella dedicata al confratello Santo Stefano di Perm’ (Sv. Stefan Permskij 1340-1396), iniziatore della missionarietà russa.

Stefano, nato a Ustjug[2] nel 1346, era divenuto monaco a Rostov nel monastero di S. Gregorio Teologo, dove ebbe la possibilità di studiare a fondo il greco e gli scritti dei Padri approfittando della ricca biblioteca posseduta in quel cenobio[3]. Iniziò quindi un percorso del tutto personale, né ascetico né cenobitico, ma, spinto da un incontenibile podvig missionario, si prefisse lo scopo di andare a convertire il selvaggio popolo dei Komi, stanziati nelle regioni a nord- est della zona di Ustjug, a ridosso degli Urali, sul corso superiore dei fiumi Dvinà e Pečora. Territori che oggi appartengono al Kraj di Perm’ e alla Repubblica dei Komi della Federazione russa. Tali territori erano popolati da numerose tribù parlanti dialetti ugro-finnici, quelle con cui avrà a che fare direttamente Stefan sono chiamate in russo Zyrjane (ital. Sirieni) e Permjakì (ital. Permiani). Esse praticavano una religione di tipo animista combinata con il culto degli antenati[4]. Non sono popoli del tutto sconosciuti alla Rus’ antica, visto che vi è una duplice menzione nella Cronaca degli anni passati[5], quindi già nel XII secolo se non prima in quelle zone arrivarono i mercanti di Novgorod, senza però operare una vera sottomissione, tanto che si può dire che Novgorod dal XIII secolo esercitasse soltanto una “vaga sovranità” sulla regione di Perm’[6]. Essa risulta sì come una sua volost’, ma conservando una ben definita indipendenza, politica e amministrativa, di fatto si limitava a pagare un tributo in pellicce.

Tuttavia dei Komi Permjaki, al di fuori dalla cerchia dei mercanti novgodoriani, nessuno sembra interessarsi. Stefano probabilmente ne aveva avuto sentore nella nativa Ustjug, quasi di sicuro ne aveva conosciuti, forse imparandone fin da giovane i rudimenti della lingua. La Vita riferisce che, preparandosi alla missione, Stefano cercasse con zelo tutte le informazioni possibili sulla terra permiana, dove fosse esattamente, con chi confinasse, quali fiumi e quali popoli la occupassero, quali invece vivessero nelle vicinanze.

Epifanij riporta i nomi dei luoghi, dei paesi, delle etnie che facevano parte della Permskaja zemlja, queste ultime sono (in un’approssimativa resa italiana): Dviniani, Ustjužani, Viležani, Samoedi, Careli, Sirieni, Pìnežani, Južani, Galičani, Vjatčani, Loparì (ossia Sami, Lapponi), Jugri (nella zona a nord degli Urali), Chanti, Mansi, Pečorani, Voguliči (= Mansi), Pertasi. Quindi con precisione elenca i corsi d’acqua: «Un fiume chiamato Vym scorre attraverso tutta la terra Permiana e sfocia nella Vyčegda, un altro fiume. Quest’ultimo ha origine nella terra Permiana e scorre verso nord, quindi si getta nella Dvina, a 40 stadi (verste) dalla città di Ustjug. Il terzo fiume, chiamato Vjatka, scorre dall’altra parte della terra di Perm’ e si getta nella Kama. C’è infatti un quarto fiume, di nome Kama. Questi fiumi percorrono tutta la terra permiana e sulle loro rive sono insediati molti popoli»[7]. E’ attraverso i fiumi che si possono raggiungere quelle terre lontane; Epifanij ha chiaro l’itinerario che compirà il santo: «c’è una strada (fluviale) dalla città di Ustjug verso nord lungo il fiume Vyčegda fino ad entrare nella stessa Perm’»[8]. Ma ciò che conta è il fatto che la parola degli apostoli non abbia ancora raggiunto quelle popolazioni ed essi siano ancora irrimediabilmente pagani.

Oltre che con un bagaglio di conoscenze etnico-geografiche, la modalità con cui Stefano intraprende la missione evangelizzatrice di Sirieni e Permiani è davvero sorprendente per la Rus’ dell’epoca: decide di imparare a fondo la loro lingua e poiché sono popoli pressoché analfabeti, crea un alfabeto apposito e con esso traduce i sacri libri in permiano. La Rus’ fino ad allora non ha grande esperienza di pratica missionaria, avendo essa stessa ricevuto il battesimo solo alla fine del X secolo per mano greca e avendo dovuto più che altro sconfiggere il paganesimo interno e organizzare la propria Chiesa; questo è il primo banco di prova relativamente alla conversione di un nuovo popolo e il monaco Stefan, investito della missione, sceglie un approccio non di “russificazione-cristianizzazione”, o se vogliamo di “cristianizzazione-russificazione”, bensì di pura conversione, sul modello degli antichi apostoli o dei “pari agli apostoli”, come san Costantino-Cirillo, modello cui Stefano si ispira e a cui rimandano numerosi riferimenti testuali nella Vita[9].

Come San Cirillo, Stefano vuole portare la parola di Dio ai Komi nella loro lingua, perché la comprensione vera, “intelligente” (razumnyj) del messaggio divino è il presupposto per la Salvezza: e questa auspica Dio misericordioso e benevolo, che più di ogni altra cosa desidera che gli uomini si salvino giungendo alla conoscenza della Verità. I popoli Permiani non hanno ancora conosciuto Dio, nessun apostolo si era mai avventurato nelle loro terre per istruirli, quindi essi non hanno colpa di essere idolatri, per un disegno della Provvidenza tocca ora a Stefan portare loro la luce, anche se mancano solo 120 anni[10] alla fine del mondo, non tutto è perduto. Ogni popolo ha infatti pari dignità davanti a Dio, non importa quando abbia conosciuto il Cristianesimo, se fin dall’inizio o dopo molti secoli, come ribadiva a più riprese la Vita del grande Tessalonicese[11].

Il fatto che la scelta provvidenziale salvifica sia caduta adesso su un missionario russo, è amplificata oltremodo dall’agiografo Epifanij e ci dice molte cose sulla nuova percezione che la Chiesa russa ha ora di sé e del suo ruolo: da “allieva” della cristianità bizantina adesso si è trasformata in “maestra” per altri popoli pagani[12]. Ha raggiunto una sua dignità evangelizzatrice autonoma. Per la prima volta, un monaco russo diventa l’apostolo di altre genti, così come Giovanni lo era stato dell’Asia, Tommaso dell’India, Marco dell’Egitto o Vladimir il grande della Rus’. Ma nello stesso modo in cui la cristianità russa condannava l’imperialismo ecclesiale bizantino, così Stefano, per bocca di Epifanij, non vuole sostituirlo con quello moscovita, tutt’altro, ed infatti si presenta dai Permiani dopo essersi immerso nella loro lingua, fattosi “permiano tra i permiani”, potremmo dire, senza volontà di russificazione. Proprio come san Cirillo, lui greco, aveva agito presso gli Slavi Moravi. In questo sta la grande novità del propodobnyj Stefan e il suo personale contributo alla storia missionaria russa.

Come san Cirillo, Stefano è dottissimo, conosce perfettamente il greco e ha il dono delle lingue, in poco tempo riuscirà ad imparare il permiano e a inventarne un alfabeto, detto Abur o Anbur – dal nome delle prime due lettere – alfabeto che graficamente è un misto di cirillico (slavo-ecclesiastico), greco e una sorta di segni locali, detti pasy[13], lineette geometriche simili alle rune. Le lettere inventate sono 24, come in greco, ne saranno poi aggiunte altre 2 (i suoni della lingua permiana erano 35, alcune lettere indicano quindi più suoni). Sono rimaste poche testimonianze dell’alfabeto, in tutto 225 parole, in mss. dei secoli XV e XVI: glosse in mss. russi, iscrizioni su icone, elenchi di lettere. Fu usato inoltre come tajnopis’ (scrittura segreta) a Mosca nei secc. XV-XVI. Dal XVII secolo tale alfabeto cadrà in disuso e un nuovo indirizzo politico ed ecclesiale sosterrà l’utilizzo di una scrittura su base slavo-russa, quindi cirillica, per la lingua dei Komi[14].

Creato dunque l’alfabeto, Stefano ottiene l’approvazione dalla sede della metropolia[15] per la missione e riceve la benedizione per i libri ecclesiastici tradotti in permiano[16], cosa che non era affatto scontata: tradurre la parola di Dio in una nuova lingua, per di più senza dignità letteraria, nel XIV secolo non è una prassi comune, Stefan finalmente parte per quelle lontane terre. Comincia a predicare nella lingua del popolo e riesce a convertire da subito molti Sirieni. Tuttavia gran parte della popolazione gli è avversa, e, come agnello tra i lupi, rischia molte volte di essere linciato dalla folla inferocita, armata di randelli, rami infuocati, frecce, ma Dio è con lui e riesce sempre a scamparla.

Fonda una prima chiesa a Ust’-Vym’ (antica Jendin, alla confluenza del fiume Ust’ e della Výčegda, a 72 km dalla capitale dell’attuale Repubblica dei Komi, Syktyvkar), luogo che diventerà la sede della prima eparchia, il centro di irraggiamento della fede cristiana. L’Ufficio liturgico sarà in permiano. Alla chiesa viene annessa una scuola per insegnare a leggere, scrivere e copiare i testi. E incessantemente, ricorda la Vita, egli insegnava, traduceva e lottava contro gli idoli pagani. Il maggior sforzo fu proprio quello di dimostrare la falsità degli idoli, di cui erano disseminati i boschi del territorio, e Stefano compie continue spedizioni per distruggerli e impedirne i sacrifici. Le conversioni aumentano, sempre più numerosi sono i seguaci e ciò spaventa il capo sciamano Pam, che cerca in ogni modo di convincere i Permiani a non rigettare la fede dei padri e a guardarsi da questo straniero ingannatore venuto da Mosca! Pam intuisce (come riferisce Epifanij) che accogliendo il Cristianesimo i Permiani rischiano di perdere la propria libertà e identità, non vi è nessun vantaggio per il suo popolo rigettare le tradizioni avite per seguire il giovane moscovita[17]. Ma i Permiani già battezzati rispondono che gli idoli caduti sono rimasti inermi, non hanno dato segnali e quindi si sono convinti che il vero Dio è quello dei Cristiani. Pam intraprende con Stefano una lunga disputa, che ricorda in parte quella di Pietro con Simon Mago, da cui il futuro santo esce ovviamente vincitore.

Il fatto che il culto cristiano fosse officiato nella lingua nativa giocò, possiamo dire, un ruolo decisivo nell’opera di convincimento di quel selvaggio popolo, che non percepì Stefano come uno straniero portatore di una fede straniera, un usurpatore, ma proprio dalle parole e dall’eloquenza di Stefanо in permiano troverà un nutrimento spirituale mai conosciuto prima.

L’operazione di Stefano è ufficializzata con la sua nomina a vescovo della terra permiana da parte di Dmitrij Donskoj e del metropolita Pimen (1383). Mosca gli procura mezzi necessari per accrescere l’organizzazione ecclesiastica e presto furono costruite altre chiese, monasteri e scuole[18]. Si sono anche conservate icone a lui attribuite – Stefano secondo la tradizione fu anche eccellente iconografo – tra cui la famosa Trinità dei Sirieni, che conserva la più antica iscrizione in lingua antico-permiana in alfabeto Abur, oggi conservata al Museo statale di Vologda.

Attraverso la nuova sede vescovile, a Mosca è possibile avanzare pretese sulle terre dei Komi ed è in questo momento che esse diventano “merce di scambio” nel conflitto con Novgorod, che segna diversi momenti in cui si alternano vittorie e sconfitte e una nutrita serie di reciproche alleanze con le popolazioni locali della Dvinskaja e Permskaja zemlja[19]. Come sappiamo, il conflitto sarà risolto poi nel 1472 con l’intervento dell’esercito inviato da Ivan III e il passaggio definitivo nel 1478 della Permskaja zemlja al principato moscovita[20]. Il santo è stato accusato successivamente di atteggiamento filomoscovita, anti Novgorod, ma come si può vedere anche dalla sola testimonianza riportata dalla Vyčegodsko-Vymskaja letopis’[21] egli si recò a Novgorod in umiltà e pace per il bene della sua chiesa appena costituita e dei neo-battezzati, l’unica cosa che gli stava a cuore infatti era consolidare il salvifico messaggio cristiano tra le genti pagane. Ricordiamo però che, quando la regione fu sotto il controllo politico di Mosca e del Gran principato, lo slavo-ecclesiastico rimpiazzò il permiano nell’uso liturgico e, a poco a poco, anche l’alfabeto inventato da Stefano uscì dall’uso. Ci vorranno inoltre dei secoli perché il paganesimo nella regione fosse davvero sconfitto, i russi dovranno organizzare numerose campagne dal XVII al XIX secolo per debellarlo definitivamente[22].

Tuttavia, la memoria dell’opera dell’“apostolo di Sirieni e Permiani”, morto a Mosca nel 1396, non andò affatto perduta. Sepolto al Cremlino, tra i membri minori della famiglia principesca, fu riconosciuto santo già durante la sua vita, benché la canonizzazione risalga al 1549 con il metropolita Makarij.

Ed il suo modello di apostolato presso nuovi popoli ha avuto secoli più tardi degli epigoni: quando i russi attraverseranno lo stretto di Bering arrivando in Alaska, lo zelo missionario di S. Innokentij Veniaminov, in seguito metropolita di Mosca, lo porterà a comporre una grammatica aleutina[23] e a tradurre in quella lingua i Vangeli e la liturgia di San Giovanni Crisostomo. Siamo nel 1826, i popoli (eschimesi) di Kamčatka, Kurili, isole Aleutine, Alaska, conosceranno il cristianesimo unitamente all’alfabeto e avranno in S. Innokentij il loro primo vescovo e maestro. Egli con S. German pose le basi della chiesa ortodossa d’America di matrice russa, alla quale il Patriarcato moscovita ha riconosciuto unilateralmente lo statuto di Chiesa autocefala[24].

 



 

[Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione “Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dal Comitato promotore del XXXVII Seminario internazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma” (organizzato dall’Unità di ricerca ‘Giorgio La Pira’ del CNR e dall’Istituto di Storia Russa dell’Accademia delle Scienze di Russia, con la collaborazione della ‘Sapienza’ Università di Roma, sul tema: LE CITTÀ DELL’IMPERO DA ROMA A COSTANTINOPOLI A MOSCA) e dalla direzione di Diritto @ Storia]

 

[1]Per notizie su Epifanij, le sue opere e relativa bibliografia rimandiamo a G.M. Prochorov, v. Epifanij Premudryj, in Slovar’ kižnikov i knižnosti Drevnej Rusi, vyp. 2, č.1 (A-K), Leningrad 1988, 211-220. La Vita di Santo Stefano di Perm è pervenuta in circa 20 manoscritti (XV-XVII secc.) suddivisibili in tre principali rami, cf. A.V. Duchanina, Izdanie Žitija Stefana Permskogo: sovremennoe sostojanie i perspektivy, in Drevnaja Rus’. Voprosy medievistiki 4 (42), 2010, 20–41; essa è stata edita quattro volte, ma nessuna edizione proposta può dirsi soddisfacente. Nel presente lavoro utilizzeremo l’edizione contenuta in Biblioteka drevnej Rusi, 12, XVI sec., a cura di Ju.A. Gribov et alii, Sanktpetersburg 2003, 144-231 (indicheremo i passi citati come BDR seguito dal numero di pagina), che riporta anche la traduzione in russo moderno. Precedentemente era uscita un’altra traduzione moderna per opera di G.I. Tiraspol’skij, Žitie Stefana Permskogo, Syktyvkar 1993.

Gli studiosi dapprima ritenevano la Vita composta tra 1396-1398, di recente si propende per un periodo più tardo, 1406-1410, visto che Epifanij stesso dice di essersi documentato a lungo dopo la morte del santo, prima di accingersi a scriverne la Vita, cf. G.M. Prochorov, cit., 12 ss.; A.V. Duchanina, Tekstologičeskaja klassifikacija spiskov Žitija Stefana Permskogo i problema pervičnych čtenij, in Lingvističeskoe istočnikovedenie i istorija russkogo jazyka, Moskva 2011, 263 ss.

[2] Al tempo, Ustjug faceva parte della cosiddetta Dvinskaja zemlja (Territorio della Dvinà), possedimento di Novgorod a partire dall’XI secolo e successivamente parte costitutiva della Repubblica, che ne gestiva il sistema di tassazione pagando per questo diritto un notevole contributo al Gran Principe di Mosca. Attraverso il suo territorio passava la via fluviale che collegava Novgorod con gli Urali e la Siberia, lungo la Suchona e la Vyčegda. Fin dal tempo di Ivan Kalità, i Moscoviti avevano tentato di annettere la Dvinskaja zemlja ai propri possedimenti, riuscendo in un primo momento a conquistare le città della parte meridionale, come Beloozero e Ustjug, poi, alla fine del XIV secolo, gli Dviniani sostennero le pretese di Mosca e, come si legge nella Dvinskaja ustavnaja gramota emanata dal gran principe Vasilij I Dmitrevič, il loro kraj fu unito al Gran Principato. Tuttavia, dal 1398 al 1478 di nuovo si trovò sotto il controllo della Repubblica di Novgorod, per entrare poi definitivamente nello carstvo moscovita, con la denominazione di Dvinskoj uezd. Le votčiny dei boiari di Novgorod furono confiscate e le loro terre passarono a obrok ai nuovi possessori fedeli al gran principe.

[3] Sulla figura di Santo Stefano di Perm’, si cf. anche G.P. Fedotov, Svjatitel’ Stefan Permskij, in Svjatye Drevnej Rusi, Moskva 1990.

[4] Cf. J. Forsythe, A History of the Peoples of Siberia: Russia’s North Asian Colony 1581-1990, Cambridge 1994, 5.

[5] La più antica cronaca russa, redatta tra XI e XII secolo riporta due volte nella parte introduttiva il nome dei Permiani, dapprima tra i popoli insediati nei territori toccati in sorte a Jafet, quindi tra quelli di etnia finnica o baltica che in un lontano e non ben precisato passato popolavano le regioni settentrionali e pagavano un tributo alla Rus’.

[6] N.V. Rjazanovsky, Storia della Russia. Dalle origini ai nostri giorni, Milano 1989, 110.

Novgorod riscuoteva tributi dalle tribù ugrofinniche di Permiani e Jugri, stanziati al confine orientale della Dvinskaja zemlja, tra cui il noto zakamskoe serebrò. Nel 1472 Ivan III strappò a Novgorod la sola zona permiana (Velikaja Perm’), fino all’annessione definitiva allo carstvo moscovita del 1478, che comportò la cessione a Mosca di tutti i territori della Grande Novgorod compresa tutta la parte al di là dei confini del Zavoloč’e (termine con cui si intende la zona oltre i confini della regione di Novgorod in senso stretto, situata za volok); sull’annessione e la confisca delle terre cf. S. Toscano, La città di Novgorod nello Carstvo moscovita, in Diritto@Storia 15, 2018 (http://www.dirittoestoria.it/15/memorie/Toscano-Silvia-Citta-Novgorod-carstvo-moscovita.htm).

[7] «Река же едина, ейже имя Вымь, си, обиходящиа всю землю Пермьскую, и вниде въ Вычегду. Река же другая, именем Вычегда, си, исходящиа из земля Пермьскиа и шествующи къ сѣвернѣй странѣ, и своим устьем вниде въ Двину, ниже града Устьюга за 40 поприщъ. Река же третьая, нарицаема Вятка, яже течет съ другую страну Перми и вниде в Каму. Река же четвертая, си есть именем Кама. Си убо обиходящиа и проходящиа всю землю Пермьскую, сквозѣ ню, по ней же мнози языцы седят» BDR, 158.

[8] «путь есть от града от Устюга рекою Вычегдою въверхъ, дондеже внидет в самую Пермъ» ibidem.

[9] Nel capitolo intitolato O azbuky permstěj (Sull'alfabeto permiano) viene utilizzato il noto trattato Sulle lettere del monaco Chrabr – apologia della creazione dell'alfabeto slavo da parte di Costantino-Cirillo e della sua traduzione dei testi sacri, dalle accuse mosse dal clero greco – in un continuo dettagliato raffronto tra l'Apostolo degli Slavi e Stefan, apostolo dei Permiani. Addirittura, per l'agiografo Epifanij, Stefan è superiore a Cirillo perchè quest'ultimo ebbe l'aiuto del fratello Metodio, mentre il russo compì un'analoga missione tutto da solo: «Оба сиа мужа добра и мудра быста и равна суща мудрованием. Оба единакъ, равенъ подвигъ обависта и подъяста, и Бога ради оба потружастася — овъ спасениа ради словѣном, овъ же — пермяном. Яко двѣ свѣтилѣ свѣтлѣ, языки просветиста […] Но Кирилу Философу способляше многажды брат его Мефодий — или грамоту складывати, или азбуку съставливати, или книги переводити. Стефану же никтоже обрѣтеся помощникъ, развѣ токмо единъ Господь» BDR, 186. (Entrambi questi uomini erano buoni e saggi e pari nella sapienza. Entrambi mostrarono e suscitarono la stessa impresa e per Dio entrambi si sacrificarono – uno per la salvezza degli Slavi, l’altro dei Permiani. Come due lucerne luminose, illuminarono i popoli. Ma Cirillo il Filosofo fu aiutato molte volte dal fratello Metodio e nell’ organizzare le lettere, nel comporre l’alfabeto o nel tradurre i libri. Stefano invece non ebbe l’aiuto di nessuno, se non quello del solo Dio).

[10] Era idea comune presso gli ortodossi russi che, nell’anno 7000 dalla Creazione, il mondo avrebbe avuto fine e sarebbe sopravvenuto il Giudizio Universale. Se la Creazione era stata fissata 5508 anni prima della nascita di Cristo, ecco che nel 1372 mancavano solo 120 anni al fatidico 1492 (7000-5508= 1492-1372= 120).

[11] Già nel I capitolo della Vita Constantini, leggiamo: «Dio misericordioso e benevolo, attendendo che gli uomini si pentano, perché ‘tutti si salvino e giungano alla conoscenza della verità’ […] non tollera che il genere umano soccomba alla debolezza e perisca cadendo nella tentazione del diavolo, ma in ogni anno ed in ogni tempo non cessa di elargirci una grazia molteplice, dall’origine fino ad oggi allo stesso modo: prima attraverso i patriarchi ed i padri; dopo di loro, attraverso i profeti; dopo ancora attraverso gli apostoli e i martiri, gli uomini giusti e i dottori, che egli seleziona da questa vita tempestosa […]. Ha fatto lo stesso anche con la nostra gente, avendo suscitato per noi questo Maestro, che illuminò la nostra stirpe, la quale per debolezza o, meglio, per l’inganno del diavolo, aveva oscurato la propria mente e non aveva voluto ‘camminare nella luce dei precetti divini’», cit. in V. Peri, Cirillo e Metodio. Le biografie paleoslave, Milano 1981, 63. Altri passi significativi si trovano ai capp. XIV.16; XV.3-9 e nell’intero cap. XVI. Gli stessi concetti sono presenti anche nella Vita Methodii, nel trattato Sulle lettere del monaco Chrabr, e in alti testi slavi antichi. Sull’“ideologia cirillometodiana” si rimanda all’illuminante saggio di R. Picchio, Questione della lingua e Slavia cirillo-metodiana, in Studi sulla questione della lingua presso gli Slavi, Roma 1972, 34 ss.

[12] Ciò è ben messo in luce da H. Goldblatt, Epifanio il Saggio, in Storia della civiltà letteraria russa 1, a cura di R. Picchio e M. Colucci, Torino 1992, 109.

[13] Per pasy si intende un sistema di segni grafici per lo più di forma geometrica che contiene informazioni sulla provenienza e i legami familiari di ogni singolo uomo. La forma base del pas è tramandata dal padre al figlio minore, senza cambiamenti, mentre ai figli maggiori essa è modificata con l’aggiunta di nuovi dettagli o cambiamenti della disposizione. I segni-base sono complicati di generazione in generazione con l’aggiunta di trattini inclinati, paralleli, perpendicolari, a zig zag, di puntini o cerchietti. Sono realizzati tramite tacche, intagli, filettature, rigature fatte con la scure o il coltello.

[14] Per notizie sulla lingua e la scrittura siriena, basterà rimandare a V.I. Lytkin, Drevnepermskij jazyk, Moskva 1952; ID., Istoričeskaja grammatika Komi jazyka, Syktyvkar 1957; A.S. Sidorov, Novye pamjatniki drevnekomi pis’mennosti, in Voprosy finno-ugorskogo jazykoznanija, Moskva 1962 e al recente sito: http://peoples.org.ru/abur.html. Sull’uso come tajnopis’, cf. M.N. Speranskij, Tajnopis’ v jugoslavjanskich i russkich pamjatnikach pis’ma, Leningrad 1929. Sull’alfabeto creato da Stefano, C. Ferguson, St. Stefan of Perm and applied Linguistics, in To Honor Roman Jakobson, Essays on the Occasion of his Seventieth Birthday, The Hague 1967, v. I, 643-653 (rist. in Language Problems of Developing Nations, New-York 1968).

[15] Al tempo, la sede era vacante, perché Costantinopoli non si decideva a nominare un metropolita per le terre russe. Faceva le sue veci Gerasim, vescovo di Kolomna, colui che un tempo aveva tonsurato Stefan, lo conosceva bene e gli era molto affezionato.

[16] Si tratta di Orologhion, Ottoeco, Salterio, e altri libri: «Часословецъ явѣ и Осмогласникъ и Пѣсница Давыдова но и вся прочая книги» BDR, 194.

[17] «Мужи, братиа пермьстии, отечьских боговъ не оставливайте, а жрътвъ и требъ их не забывайте, а старыи пошлины не покидывайте, давныи вѣры не пометайте. Иже твориша отцы наши, тако творите. Мене слушайте, а не слушайте Стефана, иже новопришедшаго от Москвы. От Москвы может ли что добро быти нам? Не оттуду ли нам тяжести быша и дани тяжкиа, и насильство, и тивуни, и довотщицы, и приставницы? Сего ради не слушайте его, но мене паче послушайте, добра вам хотящаго» BDR, 166 (Uomini, fratelli, Permiani, non rigettate gli dèi dei padri, non dimenticate i sacrifici e i rituali, non abbandonate le vecchie abitudini, non gettate via la vecchia fede. Ciò che hanno fatto i vostri padri, fate anche voi. Ascoltate me e non ascoltate Stefan, che è appena arrivato da Mosca. Può venirci qualcosa di buono da Mosca? Non ci sono venute da lì tanti fardelli e pesanti tributi, e violenza, comandanti, esattori e sorveglianti? Per questo non ascoltatelo, ma piuttosto ascoltate me, che voglio il vostro bene!).

[18] Sull’organizzazione dell’insegnamento, la fondazione di chiese e i monasteri, la Vita parla diffusamente nel capitolo intitolato Poučenie. Per l’attività missionaria del santo nel suo complesso, si cf. T.R. Rudi, Santo Stefano di Perm’ e la Missione tra gli Ziriani. Aspetti storici e agiografici, in Le Missiоni della Chiesa Ortodossa Russa, Bose 2007, 53-68.

[19] Fonte preziosa per questi eventi è la Vyčegodsko-Vymskaja letopis’ (Annali di Vyčegda e Vym’), Sytyvkar 1958, 257 ss.), in cui tra l’altro si legge: «Лета 6893 владыко новугородский разгневан бысть зело, како посмел Пимен митрополит дати епархия в Перме, в вотчине святей Софии и прислал дружинники воевати пермскую епархию. Позвал владыко Стефан устюжан, им бы беречи Пермскую землю от разорения. Устюжане побили новугородцев под Чорной рекой под Солдором. лета 6894 новугородцы со двиняны воевали на Волге, а идучи оттуды великого князя волости и вычегодские, и устюжские воевали-ж, и князь великий Дмитрей ослушенников побил, волости вернул себе и с новугородцев и с двинцов окуп взял. Того же лета поиде епискуп Стефан в Новгород, потому с Новугородом размирье. Стефан поклонился владыке и боярам новгородским, дабы дружинником новгородским не разорити впредь Пермскую землю и епархию […]. Отпущен владыко Стефан от Новугорода с милостию и с дарами». (Nell’anno 1385, il vescovo di Novgorod si adirò moltissimo perché il metropolita Pimen aveva osato concedere l’eparchia a Perm’, nella votčina di S. Sofia e aveva inviato gli alleati a combattere l’eparchia di Perm’. Il vescovo chiamò gli Usjužani affinché proteggessero la Terra permiana dalla devastazione. Gli Usjužani sconfissero i Novgorodiani sotto il fiume Nero, sotto Soldor. Nell’anno 1386 i Novgodoriani con gli Dviniani combatterono sul Volga e da lì combatterono il gran principe per le volosty, e i Vyčegodski e gli Ustjužani, e il gran principe Dmitrij Ivanovič sconfisse gli insorti, si riappropriò delle volosty e prese un tributo da Novgorodiani e Dviniani. Lo stesso anno andò il vescovo Stefano a Novgorod per fare la pace con Novgorod. Stefano si inchinò al vescovo e ai boiari di Novgorod affinché gli alleati di Novgorod non assalissero più la Terra permiana e l’eparchia… Il vescovo Stefano fu congedato da Novgorod con benevolenza e con doni).

[20] Nel 1472, dopo una serie di offese portate dai Permiani ai mercanti moscoviti, Ivan III inviò nella regione un voevoda di Mosca, il principe Fedor Pëstryj con l’esercito che sottomise la regione e la annette al Principato moscovita. In quest’anno per la prima volta sono menzionate nel Sinodiko del Monastero Čerdinskij i nomi di alcuni principi e principesse permiane. Dopo l’annessione, comandava nominalmente il principe Michail di Perm’, ma di fatto il vescovo Filofej. A Michail succedette il principe russo V.A. Kavër.

[21] Cfr. nt. 19.

[22] J. Forsythe, cit., 6 ss.

[23] La lingua aleutina (Unangam Tunuu) è una lingua eschimo-aleutina parlata negli Stati Uniti d'America, nello stato dell'Alaska, e in Russia, nel territorio della Kamčatka. Alfabeto inuktitut e latino.

[24] E. Morini, La chiesa ortodossa: storia, disciplina, culto, Bologna 1996, 107.